Israele e Hamas siglano la prima fase di un accordo per Gaza

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Nella notte italiana è stato annunciato un accordo tra Israele e Hamas per la “prima fase” di un piano di pace mediato dagli Stati Uniti, dal Qatar e dall’Egitto, con il sostegno di altri attori regionali.


Cosa prevede l’accordo


Secondo quanto riferito dalle principali agenzie, l’intesa prevede l’entrata in vigore di un cessate il fuoco totale entro 24 ore dalla ratifica da parte del governo israeliano.

L’esercito israeliano (IDF) inizierà un ritiro parziale dalla Striscia di Gaza, mantenendo però il controllo su alcune aree strategiche, in particolare nella zona sud e nei pressi di Rafah.


Elemento centrale dell’accordo è lo scambio di prigionieri e ostaggi: sarebbero circa 20 gli ostaggi israeliani che verranno liberati, in cambio della scarcerazione di circa 1.950 prigionieri palestinesi, inclusi 250 condannati all’ergastolo.


L’intesa prevede inoltre l’apertura di corridoi umanitari e il transito giornaliero di circa 400 camion di aiuti destinati alla popolazione di Gaza, colpita da mesi di guerra e isolamento.


Nodi ancora da sciogliere


Molti punti restano però indefiniti.

Il disarmo di Hamas non è stato affrontato in questa fase, così come la questione della governance futura della Striscia, che dovrà essere oggetto dei prossimi round negoziali.

Restano dubbi anche su alcune figure simboliche come Marwan Barghouti, che secondo fonti palestinesi potrebbe non rientrare nella lista dei detenuti da liberare.


A Gerusalemme, il governo israeliano dovrà ancora ratificare l’intesa, e non mancano le voci contrarie che chiedono garanzie di sicurezza più stringenti prima di procedere ai ritiri e agli scambi.


Reazioni e contesto


La notizia dell’accordo ha suscitato un’ondata di reazioni contrastanti in tutto il mondo. Da una parte, molte capitali internazionali — tra cui Washington, Bruxelles e Il Cairo — hanno accolto l’intesa come un passo tanto atteso verso la fine delle ostilità e la possibilità di avviare finalmente un processo di stabilizzazione duraturo. Gli Stati Uniti e i mediatori regionali, in particolare Qatar ed Egitto, hanno sottolineato il ruolo determinante della diplomazia, ribadendo che la priorità ora è garantire il rispetto dei termini del cessate il fuoco e la sicurezza dei civili.


Dall’altra parte, non sono mancate le perplessità. Alcuni osservatori fanno notare che l’accordo sembra più il risultato di pressioni internazionali che di una reale volontà di riconciliazione tra Israele e Hamas. A Tel Aviv, parte dell’opinione pubblica e diversi membri del governo israeliano si mostrano cauti, temendo che Hamas possa sfruttare la tregua per riorganizzarsi. A Gaza, invece, la popolazione ha accolto l’annuncio con un misto di sollievo e scetticismo: nelle strade si sono visti momenti di festa, ma molti ricordano che accordi simili in passato sono falliti dopo pochi giorni.


In questo clima di speranza fragile e diffidenza reciproca, il futuro dell’intesa dipenderà dalla capacità delle parti — e dei loro alleati — di trasformare il cessate il fuoco in qualcosa di più stabile, che possa finalmente restituire a Gaza e a Israele un minimo di normalità.


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