(Agenzia DIRE) Roma - "Al momento la situazione nel nord della Romania è tranquilla anche se la polizia di frontiera ha riferito di un movimento maggiore del solito e dell'arrivo di circa 100 auto di cittadini ucraini che fuggono dagli attacchi russi. Le autorità di una delle città di confine, Sighetul Marmatiei, hanno iniziato a individuare luoghi per degli eventuali centri di accoglienza. Anche il governo di Bucarest ha chiesto alle ong di trovare un luogo alle persone ospitate nei campi profughi del Paese che già dispongono di una forma di protezione.
L'ottica è quella di far spazio agli eventuali arrivi dall'Ucraina". A parlare con l'agenzia Dire è Sitar Marian Ionut, ricercatore ed esponente dell'associazione Migrants in Maramures, di base nel distretto della Romania settentrionale che confina con l'Ucraina, teatro di un'operazione militare russa lanciata oggi all'alba.
Marian lavora presso l'università Babes-Bol di Cluj Napoca ma è di base a Baia Mare, 40 chilometri dalla frontiera e circa 230 da L'viv, capoluogo dell'Ucraina occidentale, regione che pure è stata colpita oggi da bombe russe.
In Romania, invece, dice il ricercatore, "c'è un movimento delle truppe Nato che per adesso ci fa stare tranquilli".
La calma però non fa venire meno lo sconcerto. "Non avrei mai pensato che una cosa del genere potesse sucedere in Europa", dice Marian. "Ho lavorato per otto anni nel centro di accoglienza per
richiedenti asilo di Somcuta Mare, un'altra città del distretto di Maramures, ho avuto modo di ascoltare tante storie di distruzione e morte ma ho sempre pensato che fosse tutto distante da noi". Una sensazione di straniamento condivisa anche dai rifugiati che vivono nel distretto, provenienti da Paesi come Afghanistan, Iraq o Siria. "Sono scioccati" dice Marian: "Sono fuggiti da zona colpite dalla guerra in cerca di sicurezza ma ora tutto è cambiato".
Secondo l'attivista, la Romania si sta preparando a un eventuale afflusso di persone in fuga dall'Ucraina nonostante "Kiev non abbia ancora fatto alcune richieste ufficiali". Marian, che è anche membro del Consiglio nazionale rumeno per i rifugiati, spiega che nel Paese dell'Europa orientale "ci sono sei campi profughi che possono arrivare a ospitare fino a poco più di 1150 persone e che al
momento sono a circa un quinto della capienza". Il ministero degli Interni di Bucarest, che gestisce queste strutture, "ha chiesto alle ong di trovare una sistemazione a coloro che sono nei campi ma che hanno già ottenuto una qualche forma di protezione e che quindi, stando alle leggi romene, dovrebbero lasciare questi alloggi".
L'ottica, Marian ne è convinto, "è quella di fare spazio a chi potrebbe arrivare dall'Ucraina". Per questo, continua il ricercatore, "il primo ministro Nicolae Ciuca ha dichiarato che il Paese può ampliare la rete di accoglienza fino ad arrivare a ospitare 5mila persone". Anche la Coalizione rumena per i diritti dei rifugiati, altra rete di cui fa parte Marian, ha "organizzato per domani una riunione per preparare un piano d'azione in caso la situazione peggiori", riferisce il ricercatore.
A oggi una rete di sostegno a chi viene dall'Ucraina è informale ed è testimone degli stretti legami tra questa parte della Romania e il Paese vicino. "Molti ucraini hanno parenti qui e sono ospitati da loro" aggiunge Marian. "Al momento i campi profughi ancora non servono: speriamo che la situazione qui resti tale e che torni la pace".
Marian lavora presso l'università Babes-Bol di Cluj Napoca ma è di base a Baia Mare, 40 chilometri dalla frontiera e circa 230 da L'viv, capoluogo dell'Ucraina occidentale, regione che pure è stata colpita oggi da bombe russe.
In Romania, invece, dice il ricercatore, "c'è un movimento delle truppe Nato che per adesso ci fa stare tranquilli".
La calma però non fa venire meno lo sconcerto. "Non avrei mai pensato che una cosa del genere potesse sucedere in Europa", dice Marian. "Ho lavorato per otto anni nel centro di accoglienza per
richiedenti asilo di Somcuta Mare, un'altra città del distretto di Maramures, ho avuto modo di ascoltare tante storie di distruzione e morte ma ho sempre pensato che fosse tutto distante da noi". Una sensazione di straniamento condivisa anche dai rifugiati che vivono nel distretto, provenienti da Paesi come Afghanistan, Iraq o Siria. "Sono scioccati" dice Marian: "Sono fuggiti da zona colpite dalla guerra in cerca di sicurezza ma ora tutto è cambiato".
Secondo l'attivista, la Romania si sta preparando a un eventuale afflusso di persone in fuga dall'Ucraina nonostante "Kiev non abbia ancora fatto alcune richieste ufficiali". Marian, che è anche membro del Consiglio nazionale rumeno per i rifugiati, spiega che nel Paese dell'Europa orientale "ci sono sei campi profughi che possono arrivare a ospitare fino a poco più di 1150 persone e che al
momento sono a circa un quinto della capienza". Il ministero degli Interni di Bucarest, che gestisce queste strutture, "ha chiesto alle ong di trovare una sistemazione a coloro che sono nei campi ma che hanno già ottenuto una qualche forma di protezione e che quindi, stando alle leggi romene, dovrebbero lasciare questi alloggi".
L'ottica, Marian ne è convinto, "è quella di fare spazio a chi potrebbe arrivare dall'Ucraina". Per questo, continua il ricercatore, "il primo ministro Nicolae Ciuca ha dichiarato che il Paese può ampliare la rete di accoglienza fino ad arrivare a ospitare 5mila persone". Anche la Coalizione rumena per i diritti dei rifugiati, altra rete di cui fa parte Marian, ha "organizzato per domani una riunione per preparare un piano d'azione in caso la situazione peggiori", riferisce il ricercatore.
A oggi una rete di sostegno a chi viene dall'Ucraina è informale ed è testimone degli stretti legami tra questa parte della Romania e il Paese vicino. "Molti ucraini hanno parenti qui e sono ospitati da loro" aggiunge Marian. "Al momento i campi profughi ancora non servono: speriamo che la situazione qui resti tale e che torni la pace".
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